BLOG
Le Nostre Parole
Di miti e di organizzazioni,
di manager e di eroi
In cosa gli antichi greci
ci possono ancora illuminare
di Benedetta Bottai
Mi trovo a pensare e ripensare alle tante persone che ho conosciuto nelle aziende e il focus va lì, verso il tema della saggezza organizzativa, intesa come qualcosa in più rispetto alla leadership, proprio come il tutto è più della somma delle parti.
Osservo le organizzazioni e mi si palesa un’evidenza: i manager sono costantemente coinvolti in situazioni mutevoli e complesse ma, nonostante le responsabilità che maneggiano, ciò che li spinge ad agire sono delle veloci intuizioni su cosa sia più opportuno fare.
La coperta spesso è corta e devono trovare la quadra. Li vedo procedere rapidamente in base al loro modo di essere, alle consuetudini, alle dinamiche di potere in gioco (e chissà a quanti altri fattori subliminali stanno rispondendo), nel sano tentativo di fare la cosa più giusta. E’ proprio nel fare, vetrina dell’essere, che si apre uno spartiacque; una sostanziale differenza tra guidare/ispirare e gestire.
Il mio punto di partenza è che dobbiamo occuparci del baricentro di queste persone, dell’assetto interno, di quel luogo dentro di sé dove vengono attribuiti rapidi significati alla realtà e prende forma lo stile relazionale e comportamentale. Quel posto interno dove si misurano i valori, le priorità, le reazioni emotive, i dubbi.
Da qui mi è sorta una banale domanda: come accedere all’etica delle scelte senza aprire un ginepraio?
Attraverso i miti greci e la filosofia, mi sono risposta marzullamente, neologismo testé coniato. Diffondendo le storie di chi ha sciolto i dilemmi con le proprie virtù, fonti di intuizioni per una larga fetta di umanità. La nostra mente, sovraccarica di pensieri e stimoli, si disseta con i miti che condensano, semplificano, ispirano.
Odisseo, Atena, Metis, Sisifo sono solo alcuni personaggi le cui sfide assomigliano a quelle vissute negli uffici, in cui ci si domanda se dire o tacere, se fidarsi o intervenire, se essere trasparenti o assumere logiche più scaltre. Basta saper decodificare in chiave organizzativa i loro messaggi, scegliere il valore più alto alla luce dei fattori contingenti. Un lavoro suggestivo e potente, che sviluppa una mente aperta e metaforica, che sposta il focus dal pragmatico all’intuitivo, che coglie il punto di leva del presente per innescare cambiamenti futuri.
Perché la saggezza organizzativa altro non è che una dimensione capace di cogliere il carattere specifico delle situazioni che incontriamo, di intuire qual è il bene comune da perseguire o forse, talvolta, il male minore.
Entro nel vivo di una suggestione per descrivere il modello di lavoro: Telemaco è quel figlio che non osava superare il proprio confine alla luce di un padre così potente. Ci sono figli in azienda che non rischiano? Che non tirano la giacca a chi sopra di loro? Che non osano disturbare l’universo, per dirla alla Erikson? Quanto ha a che fare con la capacità generativa dei manager? Ce la fanno i senior a fare un passo indietro e permettere ai colleghi giovani di emergere, di essere visibili?
Un’altra immagine: il canto degli ignavi ci suggerisce invece la potenza della scelta. Quanti responsabili evitano di prendere posizione in dinamiche relazionali scomode, chiudendo un occhio su risorse che necessitano di essere stimolate, confrontate, riprese. Cosa fa sì che questo accada? La paura – che si maschera con l’indifferenza. Cosa serve? Il coraggio.
Ecco quindi l’utilità di leggere la storia di Prometeo che prende posizione, orienta il comportamento. Si assume il rischio. Si tormenta ma poi agisce. Non si gira dall’altra parte, si sente chiamato dalla propria responsabilità.
Tante le suggestioni che la letteratura ci porta, una fonte di ispirazione per noi uomini nella modernità, chiamati a tenere insieme i risultati e le relazioni, il cambiamento e l’identità, lo smart working e la continuità del lavoro con gli altri, lungimiranza e obiettivi a breve termine.
I miti ci conducono per mano ad orientarsi nella vita lavorativa, perché educano alla saggezza, aiutano a cogliere la sfumatura, i segnali deboli, il punto di leva, il valore più alto a prescindere dal resto. A quali battaglie rinunciare per equilibri più importanti e meno visibili.
C’è una controindicazione da tener presente: tutto questo non si può insegnare. L’unica strada è quella di portare a spasso i manager nelle storie dell’antichità per creare connessioni tra gli eroi e noi, tra i personaggi e i nostri dubbi, per sostituire le competenze con le virtù a tutto tondo, per un’Itaca da raggiungere o da inventare, per uscire da vicoli ciechi in cui possiamo arenarci.
Scopri tutti i contenuti del Blog: Le Nostre Parole
Per maggiori informazioni sul percorso formativo a distanza
attivabile da HXO Srl per le persone della tua
organizzazione puoi scrivere a Francesca Sollazzo f.sollazzo@hxo.it
Mi trovo a pensare e ripensare alle tante persone che ho conosciuto nelle aziende e il focus va lì, verso il tema della saggezza organizzativa, intesa come qualcosa in più rispetto alla leadership, proprio come il tutto è più della somma delle parti.
Osservo le organizzazioni e mi si palesa un’evidenza: i manager sono costantemente coinvolti in situazioni mutevoli e complesse ma, nonostante le responsabilità che maneggiano, ciò che li spinge ad agire sono delle veloci intuizioni su cosa sia più opportuno fare.
La coperta spesso è corta e devono trovare la quadra. Li vedo procedere rapidamente in base al loro modo di essere, alle consuetudini, alle dinamiche di potere in gioco (e chissà a quanti altri fattori subliminali stanno rispondendo), nel sano tentativo di fare la cosa più giusta. E’ proprio nel fare, vetrina dell’essere, che si apre uno spartiacque; una sostanziale differenza tra guidare/ispirare e gestire.
Il mio punto di partenza è che dobbiamo occuparci del baricentro di queste persone, dell’assetto interno, di quel luogo dentro di sé dove vengono attribuiti rapidi significati alla realtà e prende forma lo stile relazionale e comportamentale. Quel posto interno dove si misurano i valori, le priorità, le reazioni emotive, i dubbi.
Da qui mi è sorta una banale domanda: come accedere all’etica delle scelte senza aprire un ginepraio?
Attraverso i miti greci e la filosofia, mi sono risposta marzullamente, neologismo testé coniato. Diffondendo le storie di chi ha sciolto i dilemmi con le proprie virtù, fonti di intuizioni per una larga fetta di umanità. La nostra mente, sovraccarica di pensieri e stimoli, si disseta con i miti che condensano, semplificano, ispirano.
Odisseo, Atena, Metis, Sisifo sono solo alcuni personaggi le cui sfide assomigliano a quelle vissute negli uffici, in cui ci si domanda se dire o tacere, se fidarsi o intervenire, se essere trasparenti o assumere logiche più scaltre. Basta saper decodificare in chiave organizzativa i loro messaggi, scegliere il valore più alto alla luce dei fattori contingenti. Un lavoro suggestivo e potente, che sviluppa una mente aperta e metaforica, che sposta il focus dal pragmatico all’intuitivo, che coglie il punto di leva del presente per innescare cambiamenti futuri.
Perché la saggezza organizzativa altro non è che una dimensione capace di cogliere il carattere specifico delle situazioni che incontriamo, di intuire qual è il bene comune da perseguire o forse, talvolta, il male minore.
Entro nel vivo di una suggestione per descrivere il modello di lavoro: Telemaco è quel figlio che non osava superare il proprio confine alla luce di un padre così potente. Ci sono figli in azienda che non rischiano? Che non tirano la giacca a chi sopra di loro? Che non osano disturbare l’universo, per dirla alla Erikson? Quanto ha a che fare con la capacità generativa dei manager? Ce la fanno i senior a fare un passo indietro e permettere ai colleghi giovani di emergere, di essere visibili?
Un’altra immagine: il canto degli ignavi ci suggerisce invece la potenza della scelta. Quanti responsabili evitano di prendere posizione in dinamiche relazionali scomode, chiudendo un occhio su risorse che necessitano di essere stimolate, confrontate, riprese. Cosa fa sì che questo accada? La paura – che si maschera con l’indifferenza. Cosa serve? Il coraggio.
Ecco quindi l’utilità di leggere la storia di Prometeo che prende posizione, orienta il comportamento. Si assume il rischio. Si tormenta ma poi agisce. Non si gira dall’altra parte, si sente chiamato dalla propria responsabilità.
Tante le suggestioni che la letteratura ci porta, una fonte di ispirazione per noi uomini nella modernità, chiamati a tenere insieme i risultati e le relazioni, il cambiamento e l’identità, lo smart working e la continuità del lavoro con gli altri, lungimiranza e obiettivi a breve termine.
I miti ci conducono per mano ad orientarsi nella vita lavorativa, perché educano alla saggezza, aiutano a cogliere la sfumatura, i segnali deboli, il punto di leva, il valore più alto a prescindere dal resto. A quali battaglie rinunciare per equilibri più importanti e meno visibili.
C’è una controindicazione da tener presente: tutto questo non si può insegnare. L’unica strada è quella di portare a spasso i manager nelle storie dell’antichità per creare connessioni tra gli eroi e noi, tra i personaggi e i nostri dubbi, per sostituire le competenze con le virtù a tutto tondo, per un’Itaca da raggiungere o da inventare, per uscire da vicoli ciechi in cui possiamo arenarci.
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