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Le Nostre Parole

Alla scoperta di un nuovo linguaggio inclusivo.

 

di Federico Amante e Silvia Satta

Set 29, 2021 | Letture

Un’organizzazione, tanto quanto una nazione, è in grado di forgiare una propria cultura. In un’azienda gli artefatti, i valori e gli assunti di base riescono a influire sul pensiero dei membri e risultano essere un’ancora alla quale aggrapparsi.

L’uso di uno specifico linguaggio condiviso riesce a far riconoscere i membri di un gruppo agli occhi esterni, come appartenenti a esso. Pertanto, il linguaggio risulta essere un importante promotore di un certo tipo di cultura. Allo stesso tempo, una lingua, come una cultura, varia nel tempo e si evolve permettendo al linguaggio stesso, con regole più rigide, di modificarsi e adattarsi alla cultura.

Una differente semantica si sta evolvendo nella lingua. Dall’inizio della pandemia sono stati scoperti bisogni e riscoperti momenti persi a oggi necessari. L’avvento del mondo digital ha obbligato a un cambio di linguaggio, a una modifica dei canoni tipici legati alla semantica, rendendo necessario un cambiamento nella lingua, sia orale che scritta.

Si è andato perdendo il senso di “luogo di lavoro”, andando a crearsi un rinnovato significato di “ambiente lavorativo”. Entro questi nuovi canoni i professionisti hanno la necessità di innovare e osare.

L’attenzione a certi importanti dettagli, legati ad esempio al genere delle parole e aggettivi, spinge il professionista a non sottovalutare il nuovo impatto che alcune parole possono avere. Si comincia a sentire l’esigenza di un cambiamento che non sia più la barra (cara/o), ma che sia qualcosa che davvero denoti maggiore inclusione.

Il nuovo mondo digitale in cui siamo immersi ci spinge, in qualità di animali sociali, ad adottare nuove forme di comunicazione che possano facilitare il nostro bisogno di scambiare informazioni. Proprio all’interno del mondo digital stanno evolvendosi sempre più le battaglie legate alla parità di genere, alla diminuzione dei pregiudizi legati al genere e, più in generale, a una maggiore inclusività.

Questi principi hanno spinto diverse persone e associazioni a cominciare a comunicare in maniera più inclusiva inserendo un segno, l’asterisco (*) o la chiocciola (@), per rendere una parola neutra, ossia che contenesse al proprio interno sia un significato maschile che femminile: maestr*/maestr@, inteso sia come maestra che maestro, in modo tale da non utilizzare più il maschile generalizzato per parlare ad un gruppo composto sia da maestre che da maestri.

Ad esempio, nella scrittura di una e-mail inviata all’intera organizzazione, si potrebbe esordire con “Buongiorno a tutt*” o “Car* collegh*”.
Questa soluzione risultava però limitata al linguaggio scritto, in quanto non è possibile associare un suono all’asterisco.

Nel 2015, da Luca Boschetto, è nata una considerazione sulla lingua italiana e sull’inclusività con alla base l’uso di una particolare lettera, la schwa. Essa non è presente nella lingua italiana ma vocalmente è spesso utilizzata nella lingua inglese, ad esempio la pronuncia è uguale alla prima vocale di again o alla seconda vocale di letter.

A livello di scrittura si presenta come ǝ (schwa) per le parole singolari e з (schwa lunga) per le parole plurali. Maestra/maestro diventa maestrǝ, maestre/maestri diventa maestrз. Questa forma di italiano inclusivo sta prendendo sempre più piede nel mondo social.

La modifica di una lingua non è mai un processo rapido e indolore. Un modo nuovo di intendere la cultura italiana in grado di far abbandonare un retaggio passato legato ad una netta divisione dei generi uomo/donna può nascere da una modifica del linguaggio stesso.

A livello organizzativo il legame fra linguaggio e cultura permette che si possa, in parte, modificare l’uno per modificare l’altro. L’uso di un linguaggio più inclusivo, specialmente verso chi non si sente attualmente incluso nelle categorizzazioni comuni uomo/donna o per chi sta vivendo una fase di transizione, permette di far acquisire consapevolezza sull’importanza del tema, soprattutto nelle grandi organizzazioni in cui non si conosce l’altro a cui, ad esempio, si sta inviando una mail.

Far sentire inclusǝ chi lavora nel team, riuscendo a soddisfarne il bisogno di essere riconosciutǝ, permette allǝ stessǝ di sentirsi meno vulnerabile e di aumentare il proprio attaccamento all’organizzazione.

Leggi tutti gli articoli sul Blog: Le Nostre Parole

Per maggiori informazioni sul percorso formativo a distanza

attivabile da HXO Srl per le persone della tua

organizzazione puoi scrivere Francesca Sollazzo  f.sollazzo@hxo.it

 

Set 29, 2021 | Letture

Un’organizzazione, tanto quanto una nazione, è in grado di forgiare una propria cultura. In un’azienda gli artefatti, i valori e gli assunti di base riescono a influire sul pensiero dei membri e risultano essere un’ancora alla quale aggrapparsi.

L’uso di uno specifico linguaggio condiviso riesce a far riconoscere i membri di un gruppo agli occhi esterni, come appartenenti a esso. Pertanto, il linguaggio risulta essere un importante promotore di un certo tipo di cultura. Allo stesso tempo, una lingua, come una cultura, varia nel tempo e si evolve permettendo al linguaggio stesso, con regole più rigide, di modificarsi e adattarsi alla cultura.

Una differente semantica si sta evolvendo nella lingua. Dall’inizio della pandemia sono stati scoperti bisogni e riscoperti momenti persi a oggi necessari. L’avvento del mondo digital ha obbligato a un cambio di linguaggio, a una modifica dei canoni tipici legati alla semantica, rendendo necessario un cambiamento nella lingua, sia orale che scritta.

Si è andato perdendo il senso di “luogo di lavoro”, andando a crearsi un rinnovato significato di “ambiente lavorativo”. Entro questi nuovi canoni i professionisti hanno la necessità di innovare e osare.

L’attenzione a certi importanti dettagli, legati ad esempio al genere delle parole e aggettivi, spinge il professionista a non sottovalutare il nuovo impatto che alcune parole possono avere. Si comincia a sentire l’esigenza di un cambiamento che non sia più la barra (cara/o), ma che sia qualcosa che davvero denoti maggiore inclusione.

Il nuovo mondo digitale in cui siamo immersi ci spinge, in qualità di animali sociali, ad adottare nuove forme di comunicazione che possano facilitare il nostro bisogno di scambiare informazioni. Proprio all’interno del mondo digital stanno evolvendosi sempre più le battaglie legate alla parità di genere, alla diminuzione dei pregiudizi legati al genere e, più in generale, a una maggiore inclusività.

Questi principi hanno spinto diverse persone e associazioni a cominciare a comunicare in maniera più inclusiva inserendo un segno, l’asterisco (*) o la chiocciola (@), per rendere una parola neutra, ossia che contenesse al proprio interno sia un significato maschile che femminile: maestr*/maestr@, inteso sia come maestra che maestro, in modo tale da non utilizzare più il maschile generalizzato per parlare ad un gruppo composto sia da maestre che da maestri.

Ad esempio, nella scrittura di una e-mail inviata all’intera organizzazione, si potrebbe esordire con “Buongiorno a tutt*” o “Car* collegh*”.
Questa soluzione risultava però limitata al linguaggio scritto, in quanto non è possibile associare un suono all’asterisco.

Nel 2015, da Luca Boschetto, è nata una considerazione sulla lingua italiana e sull’inclusività con alla base l’uso di una particolare lettera, la schwa. Essa non è presente nella lingua italiana ma vocalmente è spesso utilizzata nella lingua inglese, ad esempio la pronuncia è uguale alla prima vocale di again o alla seconda vocale di letter.

A livello di scrittura si presenta come ǝ (schwa) per le parole singolari e з (schwa lunga) per le parole plurali. Maestra/maestro diventa maestrǝ, maestre/maestri diventa maestrз. Questa forma di italiano inclusivo sta prendendo sempre più piede nel mondo social.

La modifica di una lingua non è mai un processo rapido e indolore. Un modo nuovo di intendere la cultura italiana in grado di far abbandonare un retaggio passato legato ad una netta divisione dei generi uomo/donna può nascere da una modifica del linguaggio stesso.

A livello organizzativo il legame fra linguaggio e cultura permette che si possa, in parte, modificare l’uno per modificare l’altro. L’uso di un linguaggio più inclusivo, specialmente verso chi non si sente attualmente incluso nelle categorizzazioni comuni uomo/donna o per chi sta vivendo una fase di transizione, permette di far acquisire consapevolezza sull’importanza del tema, soprattutto nelle grandi organizzazioni in cui non si conosce l’altro a cui, ad esempio, si sta inviando una mail.

Far sentire inclusǝ chi lavora nel team, riuscendo a soddisfarne il bisogno di essere riconosciutǝ, permette allǝ stessǝ di sentirsi meno vulnerabile e di aumentare il proprio attaccamento all’organizzazione.

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