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Le Nostre Parole

Dalle parole deboli
a quelle potenti.

La nuova semantica

digitale

 

di Paola Pirri
e Lara Cesari

Apr 17, 2021 | Letture

Nanni Moretti nel film Palombella rossa urla alla giornalista che lo intervista “Ma come parli? Le parole sono importanti”. E poi sentenzia “Chi parla male pensa male e vive male”.

Attraverso le parole che scegliamo costruiamo la nostra reputazione, l’immagine che diamo di noi al mondo. Per questo vale la pena prediligere parole potenti, capaci di renderci indimenticabili e di dare valore aggiunto ad ogni nostra frase.

Le parole hanno il potere di renderci autorevoli o deboli nel contesto.

Vediamo qualche esempio.

Purtroppo non dipende da me, purtroppo hanno chiesto a noi di seguire questo processo, purtroppo non abbiamo abbastanza visibilità…

Ogni volta che viene pronunciato un purtroppo facciamo accadere delle cose anche senza intenzione.

La prima: tutti si sentono più piccoli e indifesi, chi ascolta e chi parla, poiché una causa esterna e ingestibile sta imponendo un destino indesiderato, purtroppo; quando ci rendiamo deboli davanti al contesto trasferiamo questo vissuto a tutto il nostro gruppo di lavoro.

La seconda: stiamo implicitamente creando una triangolazione, un’alleanza contro chi ha esercitato il potere su di noi.

La terza: stiamo rinunciando a un momento di leadership, a un’occasione per essere guida delle persone che lavorano con noi e lasciamo sul campo un po’ della nostra autorevolezza; stiamo dichiarando in modo esplicito che non abbiamo voce in capitolo, che non contiamo.

Possiamo omettere il purtroppo e rendere il nostro messaggio più potente, alleggerendone la valenza negativa.

Semplicemente sostituendo i purtroppo con un messaggio da protagonista, possiamo fare diventare il non dipende da me un io desidero, mi piace l’idea che, possiamo: desidero che ci impegniamo a fondo in questo difficile progetto, possiamo conquistare una maggiore visibilità per, mi piace l’idea di accettare questa sfida raccogliendo e condividendo tutte le nostre competenze.

Le persone che operano con noi e noi stessi ci sentiremo più forti e ingaggiati, la triangolazione tipica di un’alleanza contro un’entità esterna si trasformerà in una forte alleanza per raggiungere i risultati, avremo nutrito la nostra autorevolezza e il nostro ruolo di guida.

Oltre ad astenerci dal purtroppo, scoviamo altre parole nemiche: sono deboli le parole vuote, quelle che hanno valenza generica, aspecifica, quelle che non rendono indimenticabile il messaggio, non aggiungono valore a quello che diciamo, non trasferiscono senso e unicità. Pensiamo a termini come positivo, efficace, professionale, simpatico, esperto sia che siano connessi a una persona, a un’idea, a un progetto.

Affido a te questo progetto perché sei professionale ed esperto. Quale interpretazione dare alla parola professionale o alla parola esperto? Tutto e niente. Il rischio è che quello che passa è proprio il niente.

Tutti vogliono lavorare con te perché sei simpatico. La proposta che hai fatto è efficace. Possiamo abbandonare le parole che lasciano vuoto dietro di sé e che non rafforzano o non danno indicazioni, o non guidano nelle valutazioni, nelle scelte, nelle decisioni.

Per una nuova semantica della comunicazione proviamo ad argomentare quelle parole, arricchiamole di significato, il progetto è efficace perché? L’esperienza in che senso è positiva? Cosa permette di vedere la simpatia, la professionalità? Questa ricerca di valore renderà il messaggio più potente.

E infine a indebolirci ci sono anche le espressioni inutili, quelle che possiamo scegliere di evitare perché sono proprio senza valore, ci riferiamo al famoso “attimino”, che squalifica il potente attimo, che è un tempo già di per sé istantaneo e non necessita di ulteriore riduzione. Penso alle virgolette nel parlato, peggio se anche mimate con il gesto, per scimmiottare i modi degli anglosassoni, quando il tono della voce può dare lo stesso significato e renderci molto più potenti agli occhi e le orecchie del nostro interlocutore.

Fanno parte di questa schiera i meno colpevoli -meno perché agiti inconsapevolmente- intercalari, che si inseriscono nel nostro flusso comunicativo come intoppi, freni distraenti per chi ci ascolta. Pensiamo ai vari diciamo, insomma, come a dire, cioè.

Anche in questo caso il paraverbale può essere d’aiuto per evitare l’indebolimento, possiamo provare a sostituirli con delle pause silenziose, che attirano l’attenzione e che fungono da punteggiatura fluida al nostro messaggio.

Prima di chiudere desideriamo condividere alcune parole che hanno il potere di rendere il nostro eloquio potente e che alimentano la capacità di rendersi memorabili: scelta, rischio, bellezza, coraggio, istante.

Il solo ascoltarle libera potenzialità.

 

Leggi tutti gli articoli della nuova semantica digitale sul Blog: Le Nostre Parole

Per maggiori informazioni sul percorso formativo a distanza

attivabile da HXO Srl per le persone della tua

organizzazione puoi scrivere Francesca Sollazzo  f.sollazzo@hxo.it

 

Apr 17, 2021 | Letture

Nanni Moretti nel film Palombella rossa urla alla giornalista che lo intervista “Ma come parli? Le parole sono importanti”. E poi sentenzia “Chi parla male pensa male e vive male”.

Attraverso le parole che scegliamo costruiamo la nostra reputazione, l’immagine che diamo di noi al mondo. Per questo vale la pena prediligere parole potenti, capaci di renderci indimenticabili e di dare valore aggiunto ad ogni nostra frase.

Le parole hanno il potere di renderci autorevoli o deboli nel contesto.

Vediamo qualche esempio.

Purtroppo non dipende da me, purtroppo hanno chiesto a noi di seguire questo processo, purtroppo non abbiamo abbastanza visibilità…

Ogni volta che viene pronunciato un purtroppo facciamo accadere delle cose anche senza intenzione.

La prima: tutti si sentono più piccoli e indifesi, chi ascolta e chi parla, poiché una causa esterna e ingestibile sta imponendo un destino indesiderato, purtroppo; quando ci rendiamo deboli davanti al contesto trasferiamo questo vissuto a tutto il nostro gruppo di lavoro.

La seconda: stiamo implicitamente creando una triangolazione, un’alleanza contro chi ha esercitato il potere su di noi.

La terza: stiamo rinunciando a un momento di leadership, a un’occasione per essere guida delle persone che lavorano con noi e lasciamo sul campo un po’ della nostra autorevolezza; stiamo dichiarando in modo esplicito che non abbiamo voce in capitolo, che non contiamo.

Possiamo omettere il purtroppo e rendere il nostro messaggio più potente, alleggerendone la valenza negativa.

Semplicemente sostituendo i purtroppo con un messaggio da protagonista, possiamo fare diventare il non dipende da me un io desidero, mi piace l’idea che, possiamo: desidero che ci impegniamo a fondo in questo difficile progetto, possiamo conquistare una maggiore visibilità per, mi piace l’idea di accettare questa sfida raccogliendo e condividendo tutte le nostre competenze.

Le persone che operano con noi e noi stessi ci sentiremo più forti e ingaggiati, la triangolazione tipica di un’alleanza contro un’entità esterna si trasformerà in una forte alleanza per raggiungere i risultati, avremo nutrito la nostra autorevolezza e il nostro ruolo di guida.

Oltre ad astenerci dal purtroppo, scoviamo altre parole nemiche: sono deboli le parole vuote, quelle che hanno valenza generica, aspecifica, quelle che non rendono indimenticabile il messaggio, non aggiungono valore a quello che diciamo, non trasferiscono senso e unicità. Pensiamo a termini come positivo, efficace, professionale, simpatico, esperto sia che siano connessi a una persona, a un’idea, a un progetto.

Affido a te questo progetto perché sei professionale ed esperto. Quale interpretazione dare alla parola professionale o alla parola esperto? Tutto e niente. Il rischio è che quello che passa è proprio il niente.

Tutti vogliono lavorare con te perché sei simpatico. La proposta che hai fatto è efficace. Possiamo abbandonare le parole che lasciano vuoto dietro di sé e che non rafforzano o non danno indicazioni, o non guidano nelle valutazioni, nelle scelte, nelle decisioni.

Per una nuova semantica della comunicazione proviamo ad argomentare quelle parole, arricchiamole di significato, il progetto è efficace perché? L’esperienza in che senso è positiva? Cosa permette di vedere la simpatia, la professionalità? Questa ricerca di valore renderà il messaggio più potente.

E infine a indebolirci ci sono anche le espressioni inutili, quelle che possiamo scegliere di evitare perché sono proprio senza valore, ci riferiamo al famoso “attimino”, che squalifica il potente attimo, che è un tempo già di per sé istantaneo e non necessita di ulteriore riduzione. Penso alle virgolette nel parlato, peggio se anche mimate con il gesto, per scimmiottare i modi degli anglosassoni, quando il tono della voce può dare lo stesso significato e renderci molto più potenti agli occhi e le orecchie del nostro interlocutore.

Fanno parte di questa schiera i meno colpevoli -meno perché agiti inconsapevolmente- intercalari, che si inseriscono nel nostro flusso comunicativo come intoppi, freni distraenti per chi ci ascolta. Pensiamo ai vari diciamo, insomma, come a dire, cioè.

Anche in questo caso il paraverbale può essere d’aiuto per evitare l’indebolimento, possiamo provare a sostituirli con delle pause silenziose, che attirano l’attenzione e che fungono da punteggiatura fluida al nostro messaggio.

Prima di chiudere desideriamo condividere alcune parole che hanno il potere di rendere il nostro eloquio potente e che alimentano la capacità di rendersi memorabili: scelta, rischio, bellezza, coraggio, istante.

Il solo ascoltarle libera potenzialità.

 

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