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Le Nostre Parole
Dalle parole deboli
a quelle potenti.
La nuova semantica
digitale
di Paola Pirri
e Lara Cesari
Nanni Moretti nel film Palombella rossa urla alla giornalista che lo intervista “Ma come parli? Le parole sono importanti”. E poi sentenzia “Chi parla male pensa male e vive male”.
Attraverso le parole che scegliamo costruiamo la nostra reputazione, l’immagine che diamo di noi al mondo. Per questo vale la pena prediligere parole potenti, capaci di renderci indimenticabili e di dare valore aggiunto ad ogni nostra frase.
Le parole hanno il potere di renderci autorevoli o deboli nel contesto.
Vediamo qualche esempio.
Purtroppo non dipende da me, purtroppo hanno chiesto a noi di seguire questo processo, purtroppo non abbiamo abbastanza visibilità…
Ogni volta che viene pronunciato un purtroppo facciamo accadere delle cose anche senza intenzione.
La prima: tutti si sentono più piccoli e indifesi, chi ascolta e chi parla, poiché una causa esterna e ingestibile sta imponendo un destino indesiderato, purtroppo; quando ci rendiamo deboli davanti al contesto trasferiamo questo vissuto a tutto il nostro gruppo di lavoro.
La seconda: stiamo implicitamente creando una triangolazione, un’alleanza contro chi ha esercitato il potere su di noi.
La terza: stiamo rinunciando a un momento di leadership, a un’occasione per essere guida delle persone che lavorano con noi e lasciamo sul campo un po’ della nostra autorevolezza; stiamo dichiarando in modo esplicito che non abbiamo voce in capitolo, che non contiamo.
Possiamo omettere il purtroppo e rendere il nostro messaggio più potente, alleggerendone la valenza negativa.
Semplicemente sostituendo i purtroppo con un messaggio da protagonista, possiamo fare diventare il non dipende da me un io desidero, mi piace l’idea che, possiamo: desidero che ci impegniamo a fondo in questo difficile progetto, possiamo conquistare una maggiore visibilità per, mi piace l’idea di accettare questa sfida raccogliendo e condividendo tutte le nostre competenze.
Le persone che operano con noi e noi stessi ci sentiremo più forti e ingaggiati, la triangolazione tipica di un’alleanza contro un’entità esterna si trasformerà in una forte alleanza per raggiungere i risultati, avremo nutrito la nostra autorevolezza e il nostro ruolo di guida.
Oltre ad astenerci dal purtroppo, scoviamo altre parole nemiche: sono deboli le parole vuote, quelle che hanno valenza generica, aspecifica, quelle che non rendono indimenticabile il messaggio, non aggiungono valore a quello che diciamo, non trasferiscono senso e unicità. Pensiamo a termini come positivo, efficace, professionale, simpatico, esperto sia che siano connessi a una persona, a un’idea, a un progetto.
Affido a te questo progetto perché sei professionale ed esperto. Quale interpretazione dare alla parola professionale o alla parola esperto? Tutto e niente. Il rischio è che quello che passa è proprio il niente.
Tutti vogliono lavorare con te perché sei simpatico. La proposta che hai fatto è efficace. Possiamo abbandonare le parole che lasciano vuoto dietro di sé e che non rafforzano o non danno indicazioni, o non guidano nelle valutazioni, nelle scelte, nelle decisioni.
Per una nuova semantica della comunicazione proviamo ad argomentare quelle parole, arricchiamole di significato, il progetto è efficace perché? L’esperienza in che senso è positiva? Cosa permette di vedere la simpatia, la professionalità? Questa ricerca di valore renderà il messaggio più potente.
E infine a indebolirci ci sono anche le espressioni inutili, quelle che possiamo scegliere di evitare perché sono proprio senza valore, ci riferiamo al famoso “attimino”, che squalifica il potente attimo, che è un tempo già di per sé istantaneo e non necessita di ulteriore riduzione. Penso alle virgolette nel parlato, peggio se anche mimate con il gesto, per scimmiottare i modi degli anglosassoni, quando il tono della voce può dare lo stesso significato e renderci molto più potenti agli occhi e le orecchie del nostro interlocutore.
Fanno parte di questa schiera i meno colpevoli -meno perché agiti inconsapevolmente- intercalari, che si inseriscono nel nostro flusso comunicativo come intoppi, freni distraenti per chi ci ascolta. Pensiamo ai vari diciamo, insomma, come a dire, cioè.
Anche in questo caso il paraverbale può essere d’aiuto per evitare l’indebolimento, possiamo provare a sostituirli con delle pause silenziose, che attirano l’attenzione e che fungono da punteggiatura fluida al nostro messaggio.
Prima di chiudere desideriamo condividere alcune parole che hanno il potere di rendere il nostro eloquio potente e che alimentano la capacità di rendersi memorabili: scelta, rischio, bellezza, coraggio, istante.
Il solo ascoltarle libera potenzialità.
Leggi tutti gli articoli della nuova semantica digitale sul Blog: Le Nostre Parole
Per maggiori informazioni sul percorso formativo a distanza
attivabile da HXO Srl per le persone della tua
organizzazione puoi scrivere a Francesca Sollazzo f.sollazzo@hxo.it
Attraverso le parole che scegliamo costruiamo la nostra reputazione, l’immagine che diamo di noi al mondo. Per questo vale la pena prediligere parole potenti, capaci di renderci indimenticabili e di dare valore aggiunto ad ogni nostra frase.
Le parole hanno il potere di renderci autorevoli o deboli nel contesto.
Vediamo qualche esempio.
Purtroppo non dipende da me, purtroppo hanno chiesto a noi di seguire questo processo, purtroppo non abbiamo abbastanza visibilità…
Ogni volta che viene pronunciato un purtroppo facciamo accadere delle cose anche senza intenzione.
La prima: tutti si sentono più piccoli e indifesi, chi ascolta e chi parla, poiché una causa esterna e ingestibile sta imponendo un destino indesiderato, purtroppo; quando ci rendiamo deboli davanti al contesto trasferiamo questo vissuto a tutto il nostro gruppo di lavoro.
La seconda: stiamo implicitamente creando una triangolazione, un’alleanza contro chi ha esercitato il potere su di noi.
La terza: stiamo rinunciando a un momento di leadership, a un’occasione per essere guida delle persone che lavorano con noi e lasciamo sul campo un po’ della nostra autorevolezza; stiamo dichiarando in modo esplicito che non abbiamo voce in capitolo, che non contiamo.
Possiamo omettere il purtroppo e rendere il nostro messaggio più potente, alleggerendone la valenza negativa.
Semplicemente sostituendo i purtroppo con un messaggio da protagonista, possiamo fare diventare il non dipende da me un io desidero, mi piace l’idea che, possiamo: desidero che ci impegniamo a fondo in questo difficile progetto, possiamo conquistare una maggiore visibilità per, mi piace l’idea di accettare questa sfida raccogliendo e condividendo tutte le nostre competenze.
Le persone che operano con noi e noi stessi ci sentiremo più forti e ingaggiati, la triangolazione tipica di un’alleanza contro un’entità esterna si trasformerà in una forte alleanza per raggiungere i risultati, avremo nutrito la nostra autorevolezza e il nostro ruolo di guida.
Oltre ad astenerci dal purtroppo, scoviamo altre parole nemiche: sono deboli le parole vuote, quelle che hanno valenza generica, aspecifica, quelle che non rendono indimenticabile il messaggio, non aggiungono valore a quello che diciamo, non trasferiscono senso e unicità. Pensiamo a termini come positivo, efficace, professionale, simpatico, esperto sia che siano connessi a una persona, a un’idea, a un progetto.
Affido a te questo progetto perché sei professionale ed esperto. Quale interpretazione dare alla parola professionale o alla parola esperto? Tutto e niente. Il rischio è che quello che passa è proprio il niente.
Tutti vogliono lavorare con te perché sei simpatico. La proposta che hai fatto è efficace. Possiamo abbandonare le parole che lasciano vuoto dietro di sé e che non rafforzano o non danno indicazioni, o non guidano nelle valutazioni, nelle scelte, nelle decisioni.
Per una nuova semantica della comunicazione proviamo ad argomentare quelle parole, arricchiamole di significato, il progetto è efficace perché? L’esperienza in che senso è positiva? Cosa permette di vedere la simpatia, la professionalità? Questa ricerca di valore renderà il messaggio più potente.
E infine a indebolirci ci sono anche le espressioni inutili, quelle che possiamo scegliere di evitare perché sono proprio senza valore, ci riferiamo al famoso “attimino”, che squalifica il potente attimo, che è un tempo già di per sé istantaneo e non necessita di ulteriore riduzione. Penso alle virgolette nel parlato, peggio se anche mimate con il gesto, per scimmiottare i modi degli anglosassoni, quando il tono della voce può dare lo stesso significato e renderci molto più potenti agli occhi e le orecchie del nostro interlocutore.
Fanno parte di questa schiera i meno colpevoli -meno perché agiti inconsapevolmente- intercalari, che si inseriscono nel nostro flusso comunicativo come intoppi, freni distraenti per chi ci ascolta. Pensiamo ai vari diciamo, insomma, come a dire, cioè.
Anche in questo caso il paraverbale può essere d’aiuto per evitare l’indebolimento, possiamo provare a sostituirli con delle pause silenziose, che attirano l’attenzione e che fungono da punteggiatura fluida al nostro messaggio.
Prima di chiudere desideriamo condividere alcune parole che hanno il potere di rendere il nostro eloquio potente e che alimentano la capacità di rendersi memorabili: scelta, rischio, bellezza, coraggio, istante.
Il solo ascoltarle libera potenzialità.
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